“Non mi va di uscire stasera.”
“Non ho niente da mettermi.”
“Mi sento gonfiə, appesantitə, a disagio.”
“Preferisco restare a casa.”
A volte lo dici per stanchezza.
Altre volte è solo una scusa.
Ma dentro di te lo sai: non ti senti bene nel tuo corpo, e questo ti blocca.
Ogni volta che ti guardi allo specchio, ti vedi con occhi severi.
Ogni volta che ti siedi a tavola, parte il senso di colpa.
E ogni volta che dovresti scegliere te, ti lasci per ultimo.
– Rinunci a occasioni, inviti, cene, foto.
– Eviti certi vestiti, certi sguardi, certe situazioni.
– Ti nascondi, ti trattieni, ti limiti.
Non si parla abbastanza di questo.
Di quanto il non sentirsi a proprio agio nel corpo possa diventare una gabbia silenziosa.
Non si vede da fuori, ma pesa dentro.
Il disagio fisico non riguarda solo il numero sulla bilancia.
Riguarda l’energia che non hai, il gonfiore che ti appesantisce, la digestione difficile, la pelle che cambia, la stanchezza cronica.
Riguarda quella sensazione costante di non sentirti bene, e di non sapere da dove iniziare.
A un certo punto il corpo cambia postura.
I movimenti si fanno più rigidi, controllati.
Ogni gesto diventa più pensato, più “difensivo”.
Ti muovi meno. Ti muovi con meno libertà.
Non perché non puoi, ma perché non vuoi.
Come se il corpo non fosse più uno strumento da vivere, ma qualcosa da contenere.
Hai cominciato a vestirti sempre uguale.
Abiti larghi, neri.
Non per gusto.
Per protezione.
Per scomparire.
Per nascondere ciò che non riesci ad accettare.
E l’intimità? Spesso diventa difficile anche quella.
Eviti il contatto, anche quello con il tuo partner.
Non vuoi che ti abbracci, non vuoi che ti tocchi.
Perché hai paura che possa avvertire tutto il brutto che senti, quella parte di te che tu per primə non riesci più ad accogliere.
E lo so.
So bene cosa si prova.
So com’è convivere con quel disagio muto, costante, che ti accompagna tutto il giorno.
Che ti toglie voglia, spontaneità, presenza.
E non è solo una questione di corpo.
Cambia anche il modo in cui pensi.
Il cervello comincia a filtrare tutto attraverso la lente del giudizio:
– Ti guardi con durezza
– Ti confronti di continuo
– Ti convinci che “tanto è inutile”
– Noti solo i difetti, anche quando non ci sono
È un meccanismo automatico.
Una forma di protezione, ma anche una prigione.
Poi, come sempre, si innesca il solito ciclo:
Restrizione – resistenza – crollo – frustrazione
E ti ritrovi ancora lì, da capo, con l’ennesima dieta iniziata per “rimetterti in riga”, finita in un nuovo senso di fallimento.
Ma il punto non è “dimagrire”.
Il punto è ritrovare libertà nel tuo corpo.
È poterti vestire senza fastidi.
Camminare senza stanchezza.
Uscire senza disagio.
Scegliere per piacere, non per paura.
Ed è qui che l’alimentazione può diventare un alleato potente.
Non per restringere. Non per punire.
Ma per curare.
Una alimentazione pensata è quella che si adatta a te.
Che ti ascolta. Che ti sostiene.
Che lavora sul gonfiore, sull’infiammazione, sull’umore, sull’energia.
Che ti aiuta a tornare a sentirti bene, con rispetto e con realismo.
Perché il corpo non è qualcosa da combattere.
È la casa in cui vivi ogni giorno.
E se quella casa è in disordine, non ti sentirai mai completamente liberə.
Puoi iniziare da un pasto. Da una scelta. Da un ascolto.
Non serve stravolgere tutto in una notte.
Ma serve riconoscere che stai aspettando da troppo tempo.
E no, non sei superficialə se vuoi sentirti meglio nel tuo corpo.
Sei umanə.
E meriti di vivere pienamente, anche nei tuoi abiti, nei tuoi incontri, nelle tue foto, nelle tue serate.
Non devi cambiare per piacere agli altri.
Ma puoi cambiare per tornare a farti piacere la vita.
Quando vuoi, ci sono.
Perché non si tratta di “seguire una dieta”,
ma di ritrovare te stessə, un pasto alla volta.


