“Non mangio quasi niente, ma ingrasso lo stesso”
“Basta che guardo un piatto di pasta e mi gonfio.”
Lo so bene. Non solo perché l’ho sentito dire centinaia di volte da pazienti, ma perché ci sono passata anch’io.
L’insulino-resistenza non è solo un’etichetta da laboratorio.
È qualcosa che si sente ogni giorno sulla pelle, in quella sensazione di stanchezza continua e nel corpo che sembra non rispondere più come prima.
Ci sono dei segnali che possono dirti che qualcosa nel tuo corpo non sta funzionando in maniera corretta:
Ti svegli già stanco, anche dopo aver dormito otto ore.
A metà mattina arriva quella “nebbia mentale” che ti toglie la concentrazione.
Dopo pranzo senti il bisogno irresistibile di dormire e la fame ritorna dopo pochissimo tempo.
La fame non è mai regolare: o non la senti o arriva all’improvviso, con voglia di pane, dolci o biscotti.
La pancia si gonfia facilmente, anche con alimenti semplici.
L’aumento di peso si concentra sull’addome.
Ci sono ritenzione, gambe pesanti, cicli irregolari (nelle donne).
E a livello emotivo: irritabilità, ansia senza motivo, malinconia improvvisa.
Questi segnali non sono casuali. Sono il modo in cui il corpo comunica che qualcosa nel metabolismo non è più in equilibrio.
Il ruolo dell’insulina
L’insulina è un ormone prodotto dal pancreas.
Il suo compito è permettere al glucosio (lo zucchero che deriva dai carboidrati) di entrare nelle cellule, dove viene utilizzato come energia.
Quando la “serratura” si blocca
In una condizione di insulino-resistenza, la cellula non risponde più bene all’insulina.
È come se la chiave (l’insulina) non riuscisse più ad aprire la serratura (il recettore cellulare).
Il glucosio resta nel sangue e il pancreas, per compensare, produce ancora più insulina.
Si crea così un circolo vizioso: troppa insulina nel sangue (iperinsulinemia) che provoca:
accumulo di grasso addominale,
gonfiore post pasto,
oscillazioni glicemiche che causano fame e stanchezza,
la sensazione di “non avere il controllo” sull’appetito.
E la cosa peggiore è che tutto questo ti fa credere che la colpa sia tua.
Che tu non abbia disciplina.
Che ti manchi la forza di volontà.
Ma no: è biologia, non mancanza di autocontrollo.
Cosa succede se l’insulino-resistenza viene trascurata
L’insulino-resistenza non trattata può evolvere in problemi più complessi.
Ecco cosa può accadere se non si interviene:
1. Prediabete e diabete tipo 2
Con il tempo il pancreas si affatica. Le cellule β, responsabili della produzione di insulina, iniziano a “cedere”.
Il risultato è un aumento stabile della glicemia, fino a sviluppare prediabete o diabete di tipo 2.
2. Rischio cardiovascolare
L’iperinsulinemia favorisce dislipidemia (aumento dei trigliceridi e riduzione del colesterolo HDL), ipertensione e infiammazione cronica:
tutti fattori che aumentano il rischio di infarto, ictus e malattie vascolari.
3. Fegato grasso (steatosi epatica)
L’insulino-resistenza è tra le principali cause di fegato grasso non alcolico (NAFLD/MAFLD).
Il grasso accumulato nel fegato può innescare infiammazione, portando nel tempo a fibrosi e, nei casi più gravi, a cirrosi.
4. Sindrome metabolica e squilibri ormonali
L’insulino-resistenza è il fulcro della sindrome metabolica: un insieme di alterazioni (glicemia, pressione, trigliceridi, grasso addominale) che aumenta il rischio di patologie croniche.
Nelle donne può manifestarsi come sindrome dell’ovaio policistico (PCOS), cicli irregolari e difficoltà di concepimento.
5. Impatto sulla qualità di vita
Stanchezza cronica, fame nervosa, ansia e frustrazione diventano parte della quotidianità.
Ma non devono esserlo per sempre.
Diagnosi: come riconoscere l’insulino-resistenza
Se sospetti di avere insulino-resistenza, il primo passo è parlarne con il medico.
Gli esami più utili per valutare il quadro metabolico sono:
Glicemia a digiuno
Emoglobina glicata (HbA1c)
Profilo lipidico e transaminasi (per valutare fegato e rischio cardiovascolare)
In alcuni casi, il medico può richiedere anche la misurazione dell’insulina a digiuno e il calcolo dell’indice HOMA-IR, utile come indicatore di sensibilità insulinica o anche la curva da carico di glucosio (OGTT).
Come intervenire: equilibrio, non privazione
Tagliare i carboidrati non basta.
Molti provano a “curarsi” eliminando pane, pasta o riso.
All’inizio può sembrare efficace, poi arriva il crollo: fame, stanchezza, irritabilità.
Il corpo non ha bisogno di privazione, ma di educazione.
Non è eliminando, ma scegliendo e bilanciando che si ritrova stabilità.
Esempi pratici di alimentazione equilibrata
Colazione
Meglio yogurt greco + avena + frutta secca che cappuccino e cornetto.
Riduce il picco glicemico e dà energia costante.
Pranzo
Meglio pollo + farro + verdure con olio extravergine d’oliva che pollo e gallette..
Cena
Meglio pesce + patate al forno + insalata che latte con fette biscottate.
Serve equilibrio, non estremi.
Non si tratta di “mangiare poco”, ma di nutrire il corpo in modo intelligente.
Altri pilastri fondamentali: movimento, sonno e stress
Movimento: l’attività fisica regolare (camminata veloce, allenamento di forza, nuoto) migliora la sensibilità insulinica, perché i muscoli “consumano” glucosio.
Sonno: dormire meno di 7 ore altera gli ormoni della fame (leptina e grelina) e peggiora la resistenza all’insulina.
Gestione dello stress: il cortisolo alto blocca il metabolismo e favorisce l’accumulo di grasso addominale.
La salute metabolica non è fatta solo di numeri, ma di abitudini quotidiane coerenti.
Puoi invertire la rotta
L’insulino-resistenza non è una condanna, ma un segnale.
Il corpo non ti sta punendo: ti sta parlando.
Ti chiede di cambiare linguaggio, di imparare a leggere i suoi messaggi.
Serve tempo e costanza, ma è possibile.
Con un’alimentazione equilibrata, movimento, sonno di qualità e cura di sé, si può ritrovare energia, stabilità, libertà.
Non sei sbagliato.
Non è colpa tua.
Il tuo corpo ti sta solo chiedendo di ascoltarlo e di imparare un linguaggio diverso.


